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mercoledì 16 aprile 2014

Uso obbligatorio del conto corrente condominiale.

Il  18 giugno 2013 è entrata in vigore la legge 11 dicembre 2012, n. 220 di modifica alla disciplina del condominio negli edifici, meglio nota come “Riforma del condominio”.

L’art. 9 della legge, nel riscrivere il nuovo art. 1129 del codice civile, prevede che “L’amministratore è obbligato a far transitare le somme ricevute a qualunque titolo dai condomini o da terzi, nonché quelle a qualsiasi titolo erogate per conto del condominio, su uno specifico conto corrente, postale o bancario, intestato al condominio; ciascun condomino, per il tramite dell’amministratore, può chiedere di prendere visione ed estrarre copia, a proprie spese, della rendicontazione periodica.”

Lo scopo della norma è quello di garantire la tracciabilità dei movimenti condominiali e consentire, quindi, una attività di controllo amministrativo sull’operato dell’amministratore da parte del singolo condòmino e/o dell’assemblea, consentendo gli opportuni riscontri grazie all’accesso all’estratto conto.
Ancorché il tenore letterale della norma non disponga chiaramente il divieto per l’amministratore di continuare ad incassare le quote condominiali in contanti, va osservato come una tale ipotesi costituirebbe di fatto una elusione dello scopo del Legislatore.

La questione si pone perché molti condòmini, per evitare le spese di commissione, preferiscono continuare a pagare in contanti presso l’amministratore. Queste abitudine dovrebbero cambiare, innanzitutto nell’interesse esclusivo proprio di chi vorrebbe continuare a usare i contanti.

Infatti, qualora l’amministratore continuasse ad incassare in contanti per diversi condòmini e solo successivamente versasse le somme sul c/c condominiale, questa operazione non consentirebbe più la tracciabilità, atteso che il versamento risulterebbe cumulativo, a nome dell’amministratore e non più riconducibile ai singoli condòmini. Ma non solo. Eventuali versamenti in contanti da parte dell’amministratore sul conto corrente condominiale potrebbero integrare ipotesi di “confusione patrimoniale” tra lo stato proprio e quello del condominio, quale causa di revoca dell’amministratore stesso. Infine, eventuali suoi versamenti darebbero luogo ad anticipazioni e pure documentate, salvo prova contraria.

Pertanto, per quanto la previsione normativa possa risultare “discutibile”, allo scopo di evitare contenziosi, liti e confusioni, è fortemente auspicabile che sia lo stesso amministratore ad “educare” i propri amministrati, rifiutando l’incasso in contanti delle quote.

I condòmini dovrebbero fare un piccolo sforzo e capire il “senso” della norma introdotta che guarda alle loro tutele e non limitarsi a farne una questione “di commissioni”.
Ma non solo.

La detenzione di contanti da parte dell’amministratore presso il suo ufficio, lo espone a rischi di rapine e furti, specie in occasione di lavori straordinari di considerevoli entità, con tutte le conseguenze del caso.

Sicuramente il Legislatore avrebbe potuto meglio formulare la novella, ma questo non deve indurci a trovare ad ogni costo una via alternativa a quella che è la ratio generale del nuovo impianto normativo.
Inoltre, ricordiamo come l’obbligo dell’amministratore di procedere alla riscossione dei contributi che non significhi obbligo ad accettare contanti.

A cura del Centro Studi
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