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mercoledì 16 aprile 2014

Franchising amministratori condominio: apri la tua agenzia LM franchising in esclusiva,



Il mercato  della gestione immobiliare è in continua crescita e presenta un trend di sviluppo oltre ogni media. Il mercato di riferimento è sempre più alla ricerca di professionalità, evitando l’improvvisazione e l’incompetenza.

I numeri sono davvero interessanti: oltre l’80% degli Italiani vive in edifici in condominio, come proprietari o come conduttori di una locazione. Da una stima ufficiale dell’Agenzia del Territorio è emerso che in Italia operano circa 330.000 amministratori di condominio: di questi solo meno di 30.000 sono professionisti e amministrano una media di 39,5 edifici per ognuno. Nell’imminente futuro il mercato assorbirà migliaia di nuovi amministratori professionisti.

La nuova regolamentazione della professione in vigore con la riforma del condominio (L. n. 220/2012), apre nuovi scenari sul mercato, offrendo enormi potenzialità di sviluppo. La nostra proposta commerciale si presenta con una formula innovativa, altamente competitiva e fortemente orientata alla professionalità, tale da porre i nostri affiliati nelle condizioni migliori per inserirsi con successo in questo  nuovo settore professionale, non limitandosi alla mera attività di amministratore di condominio, ma diventando un vero Property Manager, in grado di occuparsi della gestione globale dei patrimoni immobiliari.

Le maggiori caratteristiche del mercato di riferimento sono:
 Assenza di fenomeni di crisi;
 Realtà urbanistiche sempre in continua espansione;
 Elevata ricerca di professionalità;
 Competizione fortemente limitata.

Cosa offriamo e i vantaggi per l’Affiliato
1. Innovazione gestionale
2. Forte competitività
3. Supporto continuo
4. Aggiornamento professionale
5. Elevata qualità nei servizi
6. Consulenza Legale Fiscale e Tecnica
7. Protocolli di procedura
8. Formazione professionale altamente qualificata
9. Seminari di aggiornamento periodici
10. Consulenza telefonica
11. Consulenza via e-mail
12. Consulenza in videoconferenza
13. Manuali operativi e guide
14. Campagna pubblicitaria nazionale
15. Concessione del marchio di impatto sul consumatore
16. Contratto della durata di 5 anni, rinnovabile
17. Tutoraggio on-line
18. Tutor personale
19. Zona territoriale in esclusiva
20. Presenza sul sito web con indirizzo di posta elettronica dedicato
21. Accesso al portale web riservato operativo
22. Kit file di stampa materiale in linea

Oltre all’amministrazione e alla gestione immobiliare, avrai la possibilità di offrire ai tuoi clienti anche ulteriori servizi.

Cosa chiediamo

Requisiti personali del franchisee

Inclinazione al lavoro autonomo.
Cultura superiore (la laurea costituisce titolo preferenziale).
Buona conoscenza applicazioni PC ed internet.
Esperienza nel settore: non richiesta.
Certificato generale casellario giudiziale “NULLO”.
Assenza di protesti o misure di prevenzione.
Adesione al Codice Deontologico Aziendale.
Uffici di 50/60 mq., in almeno 2/3 ambienti.

Investimenti

Diritti d’ingresso: SI
Royalties fisse: SI



Il costruttore non può riservarsi la redazione del regolamento.

La clausola contenuta nel rogito con la quale il costruttore-venditore si riserva la redazione del regolamento di condominio (spesso con tabelle millesimali incluse) è affetta da nullità (Cass. Civ. 8606/2014).

Accade spesso che il costruttore riesca a vendere la prima unità immobiliare ancor prima di disporre del regolamento con relative tabelle, che, non di rado, assume anche profili contrattuali che comprimono il diritto di proprietà dell’avente causa.

Va precisato come nei casi di volontà da parte del costruttore di munire l’edificio di regolamento questo può assumere validità esclusivamente in due modi:
· per allegazione, allegando lo stesso regolamento al rogito;
· per richiamo, attraverso una precisa identificazione del regolamento con riferimento ad un numero di trascrizione e/o registrazione presso un Pubblico Ufficio (Conservatoria/Ufficio del registro presso l’AdE).

A nulla può valere, dunque, l’ipotesi di una riserva da parte del costruttore a cui si aggiunge, spesso, anche l’accettazione da parte dell’avente causa.

La Suprema Corte, come già ribadito in altre circostanze, non poteva che limitarsi a dichiarare la nullità assoluta di una tale clausola. Infatti, una tale riserva costituirebbe un “imprecisato oggetto del mandato” in contrasto con la tipicità del contratto.

E’ appena il caso di ricordare come la clausola nulla sia improduttiva di effetti giuridici sia con riferimento all’atto principale che a quelli che da questa ne sono derivati e come la sentenza del Giudice sia meramente dichiarativa.


A cura del Centro Studi
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 Fonte: www.condominioelocazioni.it

Nulle le sanzioni del regolamento che vanno oltre le previsioni dell’art. 70 disp. att. cod. civ..

“Per il generale divieto di autotutela nei rapporti privati, è nulla la clausola del regolamento di condominio che, superando l’eccezionale autorizzazione di cui all’art. 70 disp. att. cod. civ., preveda, per le infrazioni dei condomini (nella specie, parcheggio irregolare in area comune), sanzioni diverse da quella pecuniaria (nella specie, rimozione dell’autovettura).           Per il generale divieto di autotutela nei rapporti privati, è nulla la clausola del regolamento di condominio che, superando l’eccezionale autorizzazione di cui all’art. 70 disp. att. cod. civ., preveda, per le infrazioni dei condomini (nella specie, parcheggio irregolare in area comune), sanzioni diverse da quella pecuniaria (nella specie, rimozione dell’autovettura).”
(Cass. II sez. civ. n. 820, 16 gennaio 2014).


La Suprema Corte è tornata ad esprimersi sulla illegittimità delle sanzioni previste dai regolamenti di condominio che eccedono le già eccezionali previsioni dell’art. 70 delle disposizioni di attuazione del codice civile, che si limitano a prevedere le sanzioni pecuniari per le violazioni al regolamento fino ad un massimo di € 200, e fino ad € 800 per i casi di recidiva.

Questa ulteriore precisazione, ci aiuta a comprendere definitivamente la nullità di sanzioni come la rimozione del veicolo, more, interessi o penali di sorta.

Gli unici margini di manovra in materia di sanzione restano quelli fissati dall’ordinamento al quale non è possibile derogare nemmeno attraverso un regolamento di tipo contrattuale, e sono la sanzione pecuniaria prevista dall’art. 70 disp. att. c.c. e la sospensione dei servizi ad uso separato nei casi di morosità protratta per oltre un semestre.




A cura del Centro Studi
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Oneri condominiali: l’amministratore può rivolgersi soltanto al reale proprietario.

In materia di recupero degli oneri giudiziali, l’amministratore deve e può rivolgersi esclusivamente al proprietario, l’unico a rivestire la qualità di condòmino, e giammai al conduttore, al comodatario, al promissario acquirente o comunque a quanti ancorché occupando l’alloggio e comportandosi come condòmini, in realtà non lo sono.


«Il condominio, infatti, è un ente di gestione diretto all’amministrazione delle parti comuni dell’edificio, cui partecipano i proprietari dei diversi piani o quote dello stabile (art. 1117 c.c.). Ne consegue che tutti i rapporti interni, reali o obbligatori, che attengono alle cose comuni ed alla loro amministrazione, trovando titolo nei singoli diritti di proprietà individuale e collettiva, intercorrono tra i soli condomini e non possono coinvolgere terzi.
Ciò vale, in particolare, per i crediti derivanti dalle spese fatte per la gestione dei beni di proprietà comune, che, dal lato passivo, sono a carico esclusivamente dei singoli condomini, come del resto espressamente dispone l’art. 1123 c.c..
Il condominio e, per esso, i singoli condomini possono pertanto far valere le loro ragioni creditorie relativamente al pagamento degli oneri condominiali esclusivamente nei confronti di altro condomino, non già nei confronti del conduttore o comunque di chi occupa l’appartamento senza esserne il proprietario, non avendo nei suoi confronti azione diretta (Cass. S.U. n. 5035 del 2002; Cass. n. 17039 del 2007; Cass. n. 1627 del 2007)».


Inoltre, in caso di alienazione di unità immobiliare, l’amministratore può agire con ricorso per decreto ingiuntivo esclusivamente verso l’acquirente e non più verso il dante causa nonostante i debiti pregressi.  Per i debiti ulteriori rispetto a quelli relativi all’anno in corso e a quello precedente (di cui risponde l’avente causa), per il recupero giudiziario delle somme non resta che proporre un vero e proprio atto di citazione.


«In tema di condominio di edificio, in caso di alienazione di un piano o di porzione di un piano, dal momento in cui il trasferimento venga reso noto al condominio, lo status di condomino appartiene all’acquirente, e pertanto soltanto quest’ultimo è legittimato a partecipare alle assemblee e ad impugnarne le deliberazioni, mentre il venditore, che non è più legittimato a partecipare direttamente alle assemblee condominiali, può far valere le sue ragioni connesse al pagamento dei contributi (relativi all’anno in corso e a quello precedente, ai sensi dell’art. 63 disp. att. cod. civ.) attraverso l’acquirente che gli è subentrato, e per il quale, anche in relazione al vincolo di solidarietà, si configura una gestione di affari non rappresentativa che importa obbligazioni analoghe a quelle derivanti da un mandato, e fra queste quella di partecipare alle assemblee condominiali e far valere in merito anche le ragioni del suo dante causa (Cass. n. 9/1990).
Ne consegue che se il condomino alienante non è legittimato a partecipare alle assemblee e ad impugnare le delibere condominiali, nei suoi confronti non può essere chiesto ed emesso il decreto ingiuntivo per la riscossione dei contributi, atteso che soltanto nei confronti di colui che rivesta la qualità di condomino può trovare applicazione l’art. 63 disp. att. c.c..».

A cura del Centro Studi
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L’ex amministratore che non procede con il passaggio di consegne commette il reato di appropriazione indebita.

La Suprema Corte apre all’ipotesi di reato e stabilisce che l’ex amministratore che non procede al passaggio di consegne commette il reato di appropriazione indebita, previsto e punito dall’art. 646 c.p. e questo perché l’ingiusto profitto che oltre a poter essere anche solo potenziale e non necessariamente materiale, non deve necessariamente assumere il profilo patrimoniale.

Questa la sintesi della sentenza n. 29451/2013 della Cassazione che, nel caso di specie, ha individuato l’ingiusto profitto nel semplice fatto di rendere difficoltosa la continuazione dell’amministrazione successiva per mancata consegna di tutti i documenti e nel fatto che l’ex amministratore, ritenendo illegittima la delibera che lo aveva sostituito, chiedeva ai condòmini dissenzienti di sottoscrivere un documento in suo favore. Inoltre, ritenendosi ancora in carica, avrebbe potuto in futuro accampare pretese in ordine al suo ulteriore operato.

Oltre a rilevare sul piano civile, ulteriormente cristallizzato dalla entrata in vigore della legge 11 dicembre 2012, n. 220, la mancata consegna dei documenti all’amministratore entrante, consente, dunque, a quest’ultimo di potersi  rivolgersi all’Autorità Giudiziaria Penale.

A cura del Centro Studi
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Pulizia delle scale: l’assemblea non può deliberare la turnazione tra i condòmini.

L’Assemblea dei condomini ha la facoltà di decidere in ordine alle spese ed alle modalità di riparto, deliberando l’approvazione del bilancio preventivo e consuntivo, ma le è esclusa la possibilità di imporre al singolo condomino l’obbligo di pulire le scale in un dato momento, o di provvedervi attraverso un proprio pulitore. Nel caso l’Assemblea assuma una simile delibera, questa sarebbe radicalmente nulla, avendo i condomini statuito oltre le proprie competenze, violando i diritti del singolo condomino sui quali la legge non consente ad essa di incidere. (Cass. Civile n. 16485 del 22.11.2002).

La Cassazione ribadisce l’impossibilità per l’assemblea di deliberare la turnazione della pulizia delle scale tra i condòmini, dichiarando una simile delibera affetta da nullità radicale.

Tuttavia, in molti condomini si continua a credere nella legittimità di tali decisioni, costringendo anche i contrari a pulire le scale comuni o a farlo fare a proprie spese da un terzo incaricato. Ricordiamo, inoltre, che una tale delibera non solo risulterebbe contraria ai principi costituzionali (art. 23 Cost.), ma comporterebbe, in caso di incidenti, una assunzione di responsabilità civile da parte dei condòmini stessi e penale a carico dell’amministratore.

Pur volendo pensare all’ipotesi di una decisione assunta all’unanimità dei partecipanti, a mo’ di convenzione, resterebbero comunque delle criticità:
· la decisione non sarebbe comunque valida nei confronti dei conduttori;
· la decisione non sarebbe valida comunque nei confronti dei futuri proprietari;
· la decisione non risulterebbe idonea a sollevare l’amministratore dalla sue responsabilità penali (art. 27 Cost.).

L’auspicio, dunque, a tutela delle responsabilità di tutti, è che i condòmini capiscano questi limiti normativi e si convincano della bontà e della necessità di affidare a terze imprese la pulizia delle scale e di tutte le parti comuni in genere.

A cura del Centro Studi
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I divieti dei regolamenti contrattuali al cambio di destinazione d’uso delle singole unità esclusive, devono essere chiari e non equivoci.

Alcuni regolamenti di condominio (necessariamente contrattuali), spesso prevedono il divieto di destinare le singole unità esclusive a specifiche attività: scuole di ballo, gabinetti medici, ristoranti ecc…

Premesso che il divieto è pienamente legittimo poiché accettato nell’ambito dell’autonomia negoziale delle parti, tuttavia, spesso ricorre l’ipotesi di divieti non meglio specificati: attività contro la quiete pubblica, attività rumorose, attività ludiche, ecc.. Tutte ipotesi generiche sìche cercano di ricomprendere una indeterminata casistica.

A tale proposito, va ricordato coma la Cassazione, con sentenza n. 16832/2009 ha specifica  che “le restrizioni alle facoltà, inerenti alla proprietà esclusiva contenute nel regolamento di condominio di natura contrattuale devono essere formulate in modo espresso o comunque non equivoco, in modo da non lasciare alcun margine d’incertezza sul contenuto e sulla portata della relativa disposizione. I divieti e i limiti devono risultare da espressioni incontrovertibilmente rivelatrici di un intento chiaro, non suscettibile di dar luogo a incertezze e non possono quindi dar luogo a duna interpretazione estensiva delle relative norme”.

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Per tagliare gli alberi di alto fusto in condominio occorre l’unanimità dei partecipanti. - E’ nulla la delibera assunta a maggioranza.

"L'abbattimento di alberi condominiali, comportando la distruzione di un bene comune, deve considerarsi innovazione vietata ai sensi dell'art. 1120, 2º c. cod. civ. e che, in quanto tale, richiede l'unanime consenso di tutti i partecipanti al condominio. La delibera a sola maggioranza che prevede lo sradicamento degli alberi condominiali é nulla e impugnabile in ogni tempo."
(Corte di Appello di Roma, sent. n. 478/2008)

“Per deliberare lo sradicamento degli alberi condominiali occorre l’unanimità dei partecipanti poiché i danni conseguenti al taglio degli alberi di alto fusto sono irreversibili."
(Cass. Pen. n. 24396/2005)

In ogni caso, per procedere al taglio di alberi di alto fusto, ancorché condominiali, occorre munirsi di autorizzazione comunale che viene rilasciata dietro perizia che attesta la necessità del taglio per ragioni di pericolo o per motivi legati alla salute della pianta. L'ufficio competente é l'ufficio verde o l’ufficio assetto del territorio. Questo può prevederlo apposito regolamento comunale.

Ovviamente, in tali casi, il taglio degli alberi si delibera a maggioranza.


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L’amministratore revocato non può trattenere il fascicolo condominiale, anche se creditore.

Non è raro il caso in cui l’amministratore revocato dall’assemblea si rifiuti di consegnare il fascicolo del fabbricato (passaggio di consegne) al nuovo amministratore, invocando a sua ragione la pretesa di crediti per anticipazione o per compenso professionale.
Va subito precisato che l’obbligo dell’amministratore uscente di consegnare i documenti del condominio al subentrante, resta una questione distinta ed autonoma rispetto ad eventuali crediti vantati.
In pratica, l’amministratore non può nell’attesa della soddisfazione dei suoi crediti trattenere alcuna documentazione condominiale, e l’eventuale trattenimento del fascicolo pone a suo carico ogni responsabilità per tutti i danni che il condominio affermi e dimostri di aver subito per effetto di tale mancata e/o ritardata restituzione.

E’ tornata ad esprimersi in questo senso la giurisprudenza più recente in materia.

Più in particolare, il Tribunale di Bari ha sentenziato che l'amministratore del condominio configura un ufficio di diritto privato, assimilabile al mandato con rappresentanza, con la conseguente applicabilità, nei rapporti tra l'amministratore e ciascuno dei condomini. delle disposizioni sul mandato. Pertanto, a norma dell'art. 1713 c.c., alla scadenza l'amministratore è tenuto a restituire ciò che ha ricevuto nell'esercizio del mandato per conto del condominio, vale a dire tutto ciò che ha in cassa, indipendentemente dalla gestione alla quale le somme si riferiscono (così Cass., sez. 11. 16.8.2000, n. 10815), precisandosi, peraltro, che l'amministratore non può trattenere i documenti concernenti la gestione finché non rimborsato delle somme anticipate per conto del condominio avvalendosi del principio inadimplenti non est adimplendum, non essendovi corrispettività né interdipendenza tra dette prestazioni, originate da titoli diversi (in tal senso Cass., sez. 11, 3.12.1999, n. 13504)” (Trib. Bari 18 aprile 2011 n. 1334).


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La sostituzione di una delibera impugnata con una nuova e legittima, determina la cessazione della materia del contendere.

In tema di impugnazione delle delibere condominiali, ai sensi dell’art. 2377 c.c. dettato in tema di società di capitali ma, per identità di ratio, applicabile anche in materia di condominio, la sostituzione della delibera impugnata con altra adottata dall’assemblea in conformità della legge, facendo venir meno la specifica situazione di contrasto fra le parti, determina la cessazione della materia del contendere. (Trib. Roma Sez. V, 25/11/2010).

In tema di impugnazione delle delibere condominiali, ai sensi dell’art. 2377 c.c. dettato in tema di società di capitali ma, per identità di ratio, applicabile anche in materia di condominio, la sostituzione della delibera impugnata con altra adottata dall1 assemblea in conformità della legge, facendo venir meno la specifica situazione di contrasto fra le parti, determina la “cessazione della materia del contendere” (Cass. civile, 28 giugno 2004, n. 11961).

La giurisprudenza più recente conferma, quindi, come, in materia di condominio, qualora nelle more del giudizio di impugnazione l’assemblea dei condomini deliberi sui medesimi argomenti posti all’ordine del giorno di quella oggetto di impugnazione, ponendo in essere atti sostitutivi di quelli impugnati, l’annullamento non può più avere luogo e interviene la “cessazione della materia del contendere”, e senza che in detta causa possa inserirsi questione circa la legittimità della nuova deliberazione, trattandosi di ampliamento del thema decidendi.

Va quindi esaminato il merito solo ai fini della statuizione sulle spese di lite, secondo il criterio della soccombenza virtuale.


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Impugnazione delle deliberazioni dell’assemblea: occorre l’atto di citazione.

Le Sezioni Unite della Cassazione, componendo un contrasto interno alla Seconda Sezione, hanno affermato che le impugnazioni delle delibere dell'assemblea condominiale, in applicazione della regola generale dettata dall'art. 163 cod. proc. civ., vanno proposte con citazione, non disciplinando l'art. 1137 cod. civ. la forma di tali impugnazioni.
Sentenza n. 8491 del 14 aprile 2011 (Sezioni Unite Civili, Presidente P. Vittoria, Relatore E. Bucciante)

Questo intervento della S.C., munito di particolarissima importanza per via della decisione in sezioni unite, segna una definitiva interpretazione sulla necessità di impugnare le deliberazioni necessariamente con atto di citazione dinanzi al Tribunale.

Il termine perentorio dei 30 gg. previsto dall’art. 1137 c.c. deve quindi intendersi riferito alla data di deposito dell’atto di citazione in Cancelleria.

Ogni altra forma di impugnazione risulta quindi insufficiente (ricorso, racc.te all’amministratore ecc..) con la conseguenza che decorso infruttuosamente il termine, le delibere annullabili diventano inoppugnabili definitivamente.


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Diffusione dei dati di condòmino moroso mediante affissione nella bacheca condominiale. Violazione della Legge sulla privacy.

L’affissione nella bacheca dell’androne condominiale, da parte dell’amministratore, dell’informazione concernente le posizioni debitorie dei singoli condomini costituisce una indebita diffusione di dati, come tale illecita e fonte di responsabilità, ai sensi degli artt. 11 e 15 del d.lgs. n. 196 del 2003 (codice in materia di protezione dei dati personali).
Ordinanza n. 186 del 4 gennaio 2011
(Sezione Seconda Civile, Presidente G. Settimj, Relatore A. Giusti)

Ove mai ve ne fosse ancora bisogno, va ricordato e precisato che oltre alle comunicazioni di morosità, costituisce violazione della privacy l’esposizione in bacheca di ogni altro dato personale dei condòmini.

Le comunicazioni, quindi, tra amministratore e condòmino devono avvenire con la massima discrezione e riservatezza. Tuttavia, va precisato che il condòmino, quale comproprietario e partecipante alla collettività condominiale, ha comunque il diritto di conoscere dall’amministratore i nominativi dei morosi, ma mai attraverso affissioni soggette al “pubblico giudizio”.


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Lastrici solari esclusivi: tutti responsabili ma non sempre.

Il lastrico solare dell’edificio soggetto al regime del condominio svolge la funzione di copertura del fabbricato anche se appartiene in proprietà superficiaria o se è attribuito in uso esclusivo a uno dei condomini per cui all’obbligo di provvedere alla sua riparazione o alla sua ricostruzione sono tenuti tutti i condomini, in concorso con il proprietario superficiario o con il titolare del diritto di uso esclusivo. Pertanto, dei danni cagionati all’appartamento sottostante per le infiltrazioni d’acqua provenienti dal lastrico, deteriorato per difetto di manutenzione, rispondono tutti gli obbligati inadempienti alla funzione di conservazione, secondo le proporzioni stabilite dall’articolo 1126 c.c., vale a dire, i condomini ai quali il lastrico serve da copertura, in proporzione dei due terzi, e il titolare della proprietà superficiaria o dell’uso esclusivo, in ragione delle altre utilità, nella misura del terzo residuo. (Tribunale di Roma, Sezione II, Sentenza 4 novembre 2010 n. 21713).

Tuttavia, quando i danni discendono non più da un difetto di manutenzione, ma da un vizio di costruzione (originario o in sede di ricostruzione) tollerato dal proprietario, il condominio non risponde di alcunché, gravando le spese unicamente a carico del proprietario esclusivo. (Cass. Civ. n. 2840/2013).


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Deliberazioni sui criteri di ripartizione: per derogare alla ripartizione per millesimi occorre una convenzione.

E' nulla la delibera condominiale avente ad oggetto l'approvazione, a maggioranza dei condomini, della deliberazione condominiale relativa alla ripartizione delle spese ordinarie e straordinarie per la strada comune. Orbene, la decisione gravata rientra tra quelle necessitanti l'approvazione all'unanimità laddove l'assemblea effettui una ripartizione delle spese relative alle parti comuni, in maniera differente dalla previsione contenuta nelle tabelle millesimali allegate al regolamento condominiale. (Tribunale di Santa Maria Capua Vetere civile Sentenza 07.01.2010, n. 5).
In tema di assemblea, le attribuzioni dell'organo assembleare ex art. 1135 c.c. sono circoscritte alla verificazione ed all'applicazione in concreto dei criteri di ripartizione delle spese stabiliti dalla legge e non comprendono il potere di introdurre deroghe ai criteri medesimi, atteso che tali deroghe, venendo ad incidere sui diritti individuali del singolo condomino di concorrere nelle spese per le cose comuni dell'edificio condominiale in misura non superiore a quella dovuta per legge, possono conseguire soltanto ad una convenzione cui egli aderisca. Pertanto, sono affette da nullità, che può essere fatta valere anche da parte del condomino che le abbia votate, le delibere condominiali attraverso le quali, a maggioranza, siano stabiliti o modificati i criteri di ripartizione delle spese comuni in difformità da quanto previsto dall'art. 1123 c.c. o dal regolamento condominiale contrattuale, essendo necessario per esse il consenso unanime dei condomini. (Tribunale Roma Sezione 5 Civile Sentenza del 5 novembre 2010, n. 21771).

Ancora una volta viene ribadito il principio secondo il quale per procedere alla deroga dei criteri di ripartizione del cod. civ. o del regolamento contrattuale sia necessario giungere ad una convenzione a cui necessariamente aderiscano tutti i condòmini partecipanti al condominio, no risultando sufficiente una semplice delibera assembleare.

E’ opportuno rilevare come, molto spesso, alcuni amministratori improvvisati, per accaparrarsi le simpatie di alcuni condòmini, procedano alla ripartizione del proprio compenso in parti uguali, “inducendo” gravemente l’assemblea ad adottare decisioni “nulle”, con tutte le possibili dannose conseguenze e con maggior danno per quanti avrebbero avuto diritto a pagare quote inferiori se determinate in proporzione ai valori millesimali, come legge vuole.

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Balcone aggettante: appartiene esclusivamente al titolare dell’immobile cui accede.

I balconi "aggettanti", i quali sporgono dalla facciata dell’edificio, costituiscono solo un prolungamento dell’appartamento dal quale protendono e, non svolgendo alcuna funzione di sostegno né di necessaria copertura dell’edificio - come, viceversa, accade per le terrazze a livello incassate nel corpo dell’edificio - non possono considerarsi a servizio dei piani sovrapposti e, quindi, di proprietà comune dei proprietari di tali piani; pertanto ad essi non può applicarsi il disposto dell’art. 1125 cod. civ.: i balconi "aggettanti", pertanto, rientrano nella proprietà esclusiva dei titolari degli appartamenti cui accedono. (Cassazione, sez. II Civile, 5 gennaio 2011, n. 218.)

I balconi, purtroppo, non vengono disciplinati dal codice e molto spesso sono stati oggetto di interpretazioni ed applicazioni estensive del 1125.
La Cassazione cerca di porre un punto fermo al riguardo stabilendo che il balcone aggettante debba essere ritenuta intera proprietà di chi ne ha l’uso, in ragione della sua natura “accidentale” rispetto alla struttura.

Per questa stessa considerazione, occorre non commettere l’errore di ritenere di esclusiva proprietà privata ogni tipologia di balcone. Infatti, quei balconi che per loro struttura costituiscono parte integrante dei prospetti e dell’aspetto architettonico (ad es. ad incasso), restano da considerarsi comuni in quanto partecipanti alle armonie e all’estetica dell’edificio.

Allo stesso modo, anche per i casi di balconi aggettanti, tutti gli elementi decorativi come i frontalini, balaustre, aggiunte sovrapposte, il lato esterno dei parapetti, i soffitti ed ogni altro elemento decorativo, poiché destinati ad accrescere il valore dell’intero immobile, devono ritenersi parti comuni ai sensi dell’art. 1117 c.c., fino a prova contraria, e pertanto le relative spese sono da porsi a carico di tutti in proporzione ai millesimi di valore di proprietà generale.


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L’amministratore matura il diritto al compenso e ai rimborsi se presenta il consuntivo e fornisce la prova delle anticipazioni.

In tema di condominio negli edifici, poiché il credito per il recupero delle somme anticipate nell’interesse del condominio si fonda, ex art. 1720 c.c., sul contratto di mandato con rappresentanza che intercorre con i condomini, l’amministratore deve offrire la prova degli esborsi effettuati. (Cassazione, Sez. II, 9 giugno 2010, n. 13878.)

Nel medesimo dispositivo, la S.C. ha altresì ribadito che:

- nell'ipotesi di mandato oneroso il diritto del mandatario al compenso e al rimborso delle anticipazioni e spese sostenute è condizionato alla presentazione al mandante del rendiconto del proprio operato, che deve necessariamente comprendere la specificazione dei dati contabili delle entrate, delle uscite e del saldo finale (sentenza 28/4/1990 n. 3596);

- l'obbligo di rendiconto può legittimamente dirsi adempiuto quando il mandatario abbia fornito la relativa prova attraverso i necessari documenti giustificativi non soltanto della somma incassata (oltre che, se del caso, della qualità e della quantità dei frutti percetti) e dell'entità e causale degli esborsi, ma anche di tutti gli elementi di fatto funzionali alla individuazione ed al vaglio delle modalità di esecuzione dell'incarico, onde stabilire (anche in relazione ai fini da perseguire ed ai risultati raggiunti) se il suo operato si sia adeguato, o meno, a criteri di buona amministrazione (sentenza 23/11/2006 n. 24866);

Accade con frequenza, purtroppo, che l’amministratore uscente lamenti dei crediti verso il condominio per anticipazioni non meglio specificate o che pretendi il proprio compenso nonostante la mancata presentazione del rendiconto.

E’ appena il caso di sottolineare coma la Cassazione abbia ribadito che spetti quindi all’amministratore la prova del suo credito non essendo sufficiente al riguardo la mera approvazione di un bilancio consuntivo, occorrendo, invece, la prova documentale delle singole anticipazioni di cui si richiede il rimborso.

Questo anche in relazione al fatto che l’assemblea approva il bilancio consuntivo a mero scopo dichiarativo e giammai costitutivo, occorrendo al riguardo la prova documentale.

A cura del Centro Studi
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